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MADONNA Raffaele
a Napoli (°1858)

1870

NAPOLI - "PIANOFORTE A QUATTRO CORDE, CON ALTRE GIUNTE, RAFFAELE MADONNA, RELAZIONE
Letta nella tornata del 1 di settembre, 1870.
Signor Presidente,

Raffaele Madonna artefice di pianoforti rassegna a questo Istituto di aver recato nella costituzione di quello strumento alcune novità che ne migliorano le doti.

E però egli desidera che ciò sia verificato dalla nostra Accademia, e stimatone il merito; affinchè, laddove si trovasse di pregio, fosse dal pubblico conosciuto sotto forma autentica.

Perlochè essendosene data commissione ai socii signori Giordano, Laurenzano, ed al relatore, adempito l'incarico, vengo io ora in nome comune a farne consapevole l'Adunanza, e dichiarare il nostro giudizio.

Più di una volta, in altre occasioni, simili alla presente, mi venne pelle mani di avere a discorrere intorno al notissimo strumento musicale, il pianoforte; ricordarne la recente origine dal meschino e stridente gravicembalo, il rapido cammino verso la perfezione, sospinto dagli studii indefessi e dalle fatiche di valorosi artefici, caldi di porlo a quel punto di bontà, dirci quasi, superiore alla sua capacità, insino a levarlo su a gareggiare con l'organo, solo degno della maestà de'tempii, dove già ha unica e perpetua sede.

Ma se il pianoforte non potè attinger quel culmine, al quale i musici aspiravano, nondimeno nel giro non lungo di anni vantaggiò più di quanto la sua entità ed il tempo davano a sperare.

Ed in vero, nella musica sono bene e formalmente distinte due parti, la melodia, e l'armonia.

L'una risiede nel succedersi i suoni l'uno all'altro, legati insieme, e sciolti, passando per mille svariate modulazioni; e questa è connaturale all'udito nostro: l'altra è il simultaneo sonare di più suoni, con certi rispetti reciproci, pei quali si accordano insieme, o discordano.

E questa è condizione fisica del suono, e tale, che l'udito non percepisce la concordanza, o discordanza in atto, senza continuato e lungo uso o esercizio, ed ha sola l'attitudine maggiore o minore a quella percezione.

La melodia dunque è lo spirito col corpo nudo della musica, il concento è la veste. Ora, vero è che il pianoforte chiude in sè tutte le facoltà per l'armonia, ma della melodia non porge altro che il corpo esangue, e vuol dire la schietta successione de'suoni, con sola la distinzione cruda, secca, invariabile del forte al piano, e nulla di quella inflessione di accento che dà alla cantilena virtù d'impressionare in mille forme gli affetti dell'animo.

E però l'indocilità della materia costrinse gli artisti a volgere le loro cure tutte a migliorare per ogni verso la sonorità dello strumento; il quale, cosi imperfetto com' è, è e sarà sempre il fido compagno al maestro di musica nel comporre, il sostegno del canto nelle sale degli agiati gentiluomini, ed eziandio base di altri strumenti in orchestra. Questo cenno mi era necessario come preliminare al subietto, al quale senza più mi accosto.

Nel pianoforte di Raffaele Madonna sono più parti da lui vantaggiate, che convien conoscere per istimarle. In generale, lo strumento nella forma, grandezza, economia di parti, ed elementi che lo compongono non differisce dagli ordinarli di miglior fattura in uso, orizzontali ed a coda cosi detti.

Quanto ai particolari notabili, il principale e di maggior momento è questo. Chi ha riguardato qualche volta pianoforti aperti e scoperchiati, dee ricordarsi di aver veduto dentro la cassa al sommo, un piano di corde metalliche, tutte, dalla più corta alla più lunga, distese orizzontalmente, fra sè parallele, ed intervallate di breve ed eguale distanza.

Se non che per ogni ternario di corde l'intervallo frapposto è alquanto maggiore, per dar luogo allo spostarsi delle martelline verso un lato nel sonare, siccome dirò fra poco. In ciascun ternario le corde son tese da render l'unisono. Ond'è che al picchiar della martellina n'esce dalle tre corde risonanza unica tre volte più grande di quella che avrebbe resa una corda sola, che sarebbe piccola ed esile.

Quindi il suono ha più corpo, è più tondo direi quasi, e più forte. Verso i bassi i cordoni sono alcuni pure triplicati, altri a due, e qualcuno solo, secondo la loro doppiezza. E cosi nel modo medesimo sono disposte le corde per tutta la scala diatonica ne'tuoni e semituoni.

Ciò beninteso, che da sè è chiaro, poteva bene venire in mente ad alcuno degli artefici di pianoforti, a fine di viemaggiormente accrescere la robustezza del suono, di aggiugnere alle tre corde una quarta. Il pensiero veniva da sè stesso, ed il fatto era semplicissimo.

E tanto avvenne ad un'artista francese non è molto tempo passato; il quale si mise già alla prova, ma per poco avvedimento aborti. E non è da maravigliare. Egli fatto il saggio sopra le corde di alquanti tuoni acuti, gli parve di averne poco frutto e di nessuna considerazione ritratto.

E giustamente, perciocchè non si fece bene addentro nelle condizioni proprie della faccenda, come suole spesso avvenire, ma si arrestò al primo intoppo. Ed in vero, la corda che dà suono acuto è corta; e tesa qual'è, dà per conseguenza poche e fuggevoli vibrazioni, onde la risonanza n'esce esile e moribonda, e per essa il tuono è piccolo, sordo, meschino, il quale ha più del rumore dal percuotere della martellina, che del sonante.

A tre corde di questa fatta, quale aumento sensibile, poteva aggiungere una quarta nelle stessissime condizioni delle compagne ? E questo è poco. Altri impedimenti gravi si paravano dinanzi all'artista. I buoni pianoforti hanno nella estensione della scala diatonica sette ottave, che sommano ottantaquattro tuoni.

Ora 84 corde aggiunte, sere allogate, per lo spazio da loro richiesto, porterebbero un notabile allargamento nella fronte dello strumento, da destra a sinistra, e ciò gli darebbe figura tozza. Il che offendendo un poco l'eleganza della forma, non sarebbe alla fine gran difetto, quando non vi fosse l'ostacolo insuperabile della tastiera; la cui lunghezza non si può alterare per riguardo all'ampiezza del palmo della mano sonatrice, al cui servigio sta soggetta.

Tutte queste difficoltà ben considerate dall'artista predetto, e non sapendovi egli trovare nel suo ingegno ripiego qualunque, fecero si che si rimanesse dal suo divisamente Bene e compiutamente il Madonna dileguò queir impossibile occupante la mente dell'artista francese.

Meditando egli sul come evitare o restringere lo spazio voluto dalle corde aggiunte, avvisò che si dà il piano al suono, nel modo comune, col portare l'intera tastiera da un lato, di tanto quanto basta a far che ogni martellina delle tre sue corde ne batta due sole, e finito il bisogno si lascia tornare al suo luogo dove suona il forte.

Ciò si opera mercè di un' artifizio legato ad una delle calcole, o pedali, giacenti alla base dello strumento nel dinanzi, premuta dal piede del sonatore, e lasciata poi libera.

Quindi il Madonna escogitò di fare immobile la tastiera, e valersi di quello spazio ad utile delle corde aggiunte; e per avere il piano, sopperì con lunga striscetta di feltro tesa per traverso sotto tutte le corde, prossima ad esse senza toccarle, e da potersi portare innanzi, e fermarsi proprio al punto dove dee percuotere la martellina; e cosi, quando vuoisi sonare il piano, si manda in avanti il feltro collo stesso artifizio della calcola, teste ricordato, e la martellina non va a picchiar la corda nuda, come nel sonare il forte, ma col feltro frammezzo.

Con questo modo il suono rimesso, o piano che dicesi, è più morbido e dolce, ed il passarvi dal forte, men crudo e riciso. In somma eccovi quattro corde sonanti insieme un medesimo tuono fatto più robusto di un terzo delle tre solite; lo spazio necessario al sito loro raccorciato; e la modulazione del forte al piano non rozza, ma sfumata, ed il suono piano non illanguidito, ma raddolcito.

Altre migliorie di minor conto sono nel pianoforte di Madonna. Le corde vi sono fermate al modo ordinario; l'un capo al cordiero, l'altro al bischero sul quale si avvolge. Il bischero nel pianoforte è un piuoletto di ferro, o vogliam dire un chiodo senza cappello, con corpo tondo e testa schiacciata acconcia a dar presa alla chiave con che l'accordatore lo volge per tendere la corda al punto del suo tuono.

È piantato forte nel legno sodo di un pancone. Or la corda avvoltagli addosso e tesa esercita il suo momento traente per due versi, ad inclinarlo verso sè, e svolgerlo, cosicchè, posta la natura del legno non resistente del tutto, l'effetto comune è il rallentarsi della corda, e quindi abbassarsene il tuono; il che importa avere spesso lo strumento scordato ed il bisogno dell'accordatore.

Grave inconveniente alcerto, contro di cui il Madonna ha stimato opporre rimedio col mettere sul pancone, nel luogo dove sono i fori che danno passaggio e ricevono il corpo de' bischeri fittivi, sufficiente lamina di ferro, grossa a ragione, forata egualmente, e soprappostavi in modo, che ciascuno de' suoi fori combaci esattamente con ciascuno di quelli del pancone, con tal condizione, che il corpo del bischero vi passi senza sforzo si, ma senza punto ballarvi. A questa lamina di ferro fermata stabilmente sul pancone il Madonna ha dato il nome di guida.

Ancora le corde procedenti dai bischeri pria di passare sotto i proprii ponticelli (che meglio nel caso nostro si direbbero staffe), dove cominci la parte loro sonante, debbono cavalcare un' argine che ne' pianoforti ordinarii è coverto di panno, che va soggetto ad esser roso dalle tignuole e tagliato dalla corda sopravi.

Segue la necessità di averlo a rimettere di quando in quando, opera malagevole e di qualche lunghezza. Adunque senza contrasto fu buono avviso del Madonna toglier via il panno, ed in suo luogo fare la sponda di ottone levigato e tondeggiante sul dorso, sul quale passano le corde.

Non merita di esser trascurato un'altro particolare, in apparenza di piccol valore, in sostanza di molto. Dell'ordigno destinato a suscitare il suono nelle corde, dopo il tocco delle dita sui tasti, la martellina è parte principale. Pel suo libero e preciso moviraento, in un cerio luogo è impernata sopra un'asse sostenuto da un pezzo di ottone rettangolare, in un lato a forma di forchetta, e perciò dagli artisti appellato forcina.

Le quali son fermate con un avite l'ima appresso l'altra in fila sopra un regoletto di legno. Talora accade che la vite di qualcheduna cominciasi ad allentare, e per conseguenza la forchetta a smuoversi. Le vicine alle quali comincia a venir meno l'appoggio laterale che le fiancheggia, passano a partecipare dello stesso male.

Ciò ben considerato, chi potrebbe dire non essere stato nel Madonna lodevole accorgimento fare alla coda di ciascuna forcina la sua propria nicchia sul legno del regoletto, senza che l'una tocchi l'altra vicina, come si farebbe di un' infermo di mal contagioso che fosse allato ad un sano?

Altre particolarità non ispregevoli le lascio per brevità. Ma non è da tacere, e non è poca cosa, che laddove i nostri artisli si forniscono dallo straniero di alcune parti dell'orditura del pianoforte, belle e fatte, il Madonna le lavora colle sue mani al medesimo grado di perfezione, se non maggiore. Tale è l'ordigno delle martelline, ovvero scappamento, cosi nominato, il quale è vario nella forma e nello ingegno, secondo l'uso dello artista.

Il Madonna si serve di quello introdotto nell'arte da Pleyel, che gli altri fanno venire da Parigi, e lo eseguisce con tanta perfezione da non lasciar nulla a desiderare. Cosi facessero tutti!....

In conclusione. Poichè il Madonna ha dato al pianoforte maggiore e miglior risonanza, e ne ha perfezionate alcune parti nell' uffizio loro; e nel lavorio dello strumento è giunto a liberarsi dalla dipendenza e servitù verso lo straniero, al quale i suoi compagni di arte corrono tutti e per tutto; nel che mostrasi valente e degno di lode; i Commissari lo stimano ben meritevole della medaglia di argento maggiore.

I Commissarii
Nicola Laurenzano.
Giuliano Giordano.
Domenico Presbiti relatore." Atti, Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali, economiche e tecnologiche di Napoli, 1870, p. 247-252


1871

NAPOLI - "L’arte del costruire i pianoforti si è levata oggigiorno a perfezione singolarissima, essendosi non pure escogitate mille sottilità per conseguire più agevolmente la genesi del suono, ma eretti eziandio cospicui opificii per costruirli.

E ne sia prova in fra l’altro la manifattura dei pianoforti dei fratelli Filippi a Parigi, che si decora del fastoso titolo; di Usine a vapeur e molte altre di Germania che fanno mostra di tutto il lusso delle arti meccaniche.

L’Istituto nel correre di questo anno dove puro occuparsi in ciò dei progressi iniziati e compiuti dai signori Raffaele Madonna ed Antonio Fummo.

Ed in prima il Madonna nel suo pianoforte orizzontale, al ternario delle corde, che rendono una risonanza unica, ed ai bassi unici e doppi, à surrogato nella scala diatonica un complesso di quattro corde nello scopo di accrescere la robustezza del suono.

Questo concetto non è nuovo, conciosiachè erasi esso più volte tentato nei tuoni acuti senza venirne a capo. Ed in vero le corde che producono gli acuti sono brevi, tese e danno fuggevoli vibrazioni; ed è perciò che una quarta corda non poteva fornire un’aumeuto sensibile di vibrazione.

Oltre a ciò nei pianoforti a sette ottave era difficile aggiungere ottantaquattro corde senza accrescere la fronte dell’istrumento e la lunghezza delle singole ottave sulla tastiera, che non può eccedere l’ ampiezza della mano.

Al Madonna venne fatto di superare queste difficoltà, che ad altri parvero insuperabili, e ad introdurre altri utili innovamenti nei particolari di costruzione, e l‘Istituto lo rimeritò con medaglia di argento.

Così ancora il reputato costruttore di pianoforti signor Antonio Fummo, presentò istrumenti notevoli per importanti modificazioni, in fra le quali è da noverare l’aggiunzione di un cilindro atto a produrre diverse suonate senza che il pianoforte perda punto del suo pregio.

Ed a questo istrumento complesso dette il nome di autopiano. Ne ristandosi a questi primi passi, presentò al Corpo Accademico un altro pianoforte, in cui più agevolmente si può suonare, sia servendosi del cilindro e della manovella, sia della tastiera, le quali cose formano di presente, oggetto di studio di speciale commissione." Atti del R. Istituto d'incoraggiamento di Napoli, Volumes 21-22, 1871, p. 11 - Vedere FUMMO Antonio (°1843)

Per i riferimenti, vedere la pagina
Fabbricanti di pianoforti in italia tra 1850 e 1899


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